Fino alla seconda metà dell’Ottocento l’Italia era divisa in più Stati e territori. Tra quelli di maggiori dimensioni sono da ricordare il Regno di Napoli e Sicilia nel Mezzogiorno e lo Stato Pontificio nell’Italia centrale. Formalmente, la maggior parte dell’Italia settentrionale, ad eccezione dell’area della Repubblica di Venezia, apparteneva al Sacro Romano Impero, anche se l’effettiva influenza dell’imperatore rimase limitata.
Proprio nel contesto imperiale, con Carlo VI, i duchi di Savoia ottennero il titolo di re. Ai confini orientali dello Stato sabaudo si estendeva il ducato di Milano che, dopo l’estinzione della famiglia Sforza, regnante fino al 1535, era stato trasferito all’imperatore Carlo V, a beneficio della corona spagnola. Con il raggiungimento della pace di Rastatt nel 1714, il ducato, in precedenza spagnolo, passò sotto il linguaggio austriaco degli Asburgo. Ai margini di questo sistema statale c’erano alcuni territori più piccoli che potevano fungere da cuscinetto tra le sfere di influenza di diverse potenze, Parma e Piacenza, Modena e infine Mantova. Quest’ultimo ducato fu confiscato nel 1708 dall’imperatore Giuseppe a causa del tradimento (fellonia) di Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers (1652-1708) e assimilato a quello di Milano. Queste terre asburgiche, alle quali nel 1737 si associò anche il Granducato di Toscana, erano di fatto separate dall’Austria dalla Repubblica di Venezia.
Mantova è stata al centro di importanti vie di comunicazione sin dal Medioevo. Anche se non era un crocevia primario, la città era ben protetta, e sorgeva vicino a importanti collegamenti nelle direzioni est-ovest e nord-sud. La via Claudia Augusta, che sin dall’antichità collegava l’Italia con la Germania meridionale, conduceva da Trento, via Verona, all’attraversamento del Po ad Ostiglia, a soli 30 km a est di Mantova. Da lì la strada proseguiva verso sud fino a Bologna. Il collegamento ovest-est avveniva tramite la via Postumia, che incrociava la suddetta strada nei pressi di Verona. La mappa che Woodman e Mutlow pubblicarono nel 1791 sulla base della guida di viaggio di Thomas Martyn (1), mostra Mantova all’incrocio di una fitta rete stradale, sull’asse ovest-est (da Milano e Cremona via Marcaria si arrivava a Sanguinetto e poi fino a Padova (2)), oltre a due collegamenti che da sud si dirigevano verso nord e che si snodavano da Parma e Bologna, si incontravano a Governolo e Borgoforte, dunque nei pressi di Mantova, e da lì si dirigevano verso il Lago di Garda (3) .
La città dall’8 aprile 1851 è stata collegata a Verona anche dalla ferrovia “Kaiser Ferdinand”.
Tenere la fortezza di Mantova era di fondamentale importanza per i possedimenti asburgici nel nord Italia. In generale il territorio a sud del Lago di Garda non presenta grandi ostacoli per i movimenti delle truppe, ma diventa meno agevole nei pressi del corso del Mincio, e, più ad est, del corso dell’Adige; allo stesso modo ancora più a sud il Po costituisce un ostacolo concreto, non facilmente superabile.
Mantova, insieme a Peschiera, Verona e Legnano, dominava quest’area in quanto era una delle fortezze del Quadrilatero. Qui l’esercito austriaco trovò una base sicura nella quale riunire le truppe e pianificare ulteriori azioni. Per questo motivo le fortezze di Mantova e Peschiera rimasero sotto la monarchia asburgica come espressa condizione della Pace di Zurigo del 10 novembre 1859, quando dovette essere ceduto il resto della Lombardia.
Diversamente da quanto avvenne nel XVIII secolo, gli austriaci guardavano i possedimenti dell’Italia settentrionale soprattutto dal punto di vista militare, proprio come baluardi difensivi. Si può forse comprendere come il problema di fondo della tensione tra l’amministrazione austriaca ed i sudditi italiani fosse il fatto che gli interessi locali erano scarsamente considerati. (5)
Il Mincio, come detto, era un ostacolo concreto, ma di fatto valicabile grazie ad un gran numero di ponti. Durante i conflitti che si sono svolti nell’Ottocento, tali passaggi vennero sfruttati dalle truppe sarde per penetrare nella zona centrale tra le fortezze del Quadrilatero. (6)
Mantova, dunque, non era un ostacolo posto esattamente su tale direttrice, ma un esercito trincerato lì avrebbe potuto rappresentare una grande minaccia per il fianco delle truppe che stavano avanzando.
Se si considerano i conflitti militari nei quali furono coinvolte Mantova e le fortezze del Quadrilatero nel XIX secolo, bisogna riconoscere che l’interazione tra le fortificazioni e i movimenti operativi delle truppe austriache funzionò molto bene. Il generale Guido Barbetta lo riconobbe scrivendo: «Non si può non restare ammirati dalla capacità dimostrata dagli Austriaci, nell’apprestare con la massima economia, ma anche seguendo i dettami di una dottrina d’avanguardia e di una tecnica eccellente, un’organizzazione difensiva pienamente adeguata alle necessità ed alle sue risorse finanziarie, che aderendo alle caratteristiche del terreno e valorizzandole al massimo, assicurava alle unità mobili tutto il tempo per concentrarsi e manovrare, e poteva conservare a lungo la sua efficacia anche se rotta in qualche tratto». (7)
Lo stretto legame con l’acqua era di grande importanza per Mantova. Montesquieu, che visitò la città nel luglio 1729, nella sua descrizione del viaggio affermò: «Mantoue est une seconde Venise. Elle est entourée par trois lacs. [...] Le côté de midi n’est pas entouré du lac, mais seulement par un fossé, où l’on fait couler les eaux. Mais, quand on en veut, on jette là les eaux du lac, et on fait un lac par inundation». (8)
Questa singolare collocazione su un’isola (anzi, un gruppo di isole) tra i rami del Mincio fu voluta regolamentando artificialmente il corso del fiume nel Basso Medioevo.
L’ingegnere Alberto Pitentino realizzò negli ultimi anni del XII secolo il Ponte dei Mulini, attraverso il quale il Mincio fu sbarrato a nord della città, creando così il Lago Superiore. (9)
Prima di tale sbarramento, verso sud, la diga di Pradella (Belfiore) permise di deviare il fiume a sud della città verso la diga di Cerese, allagando un’area che prese il nome Lago di Paiolo.
Mantova, dunque, non poteva essere conquistata militarmente, in quanto le truppe assedianti avrebbero dovuto circondare l’intera città, disponendosi lungo un arco assai ampio. Come è noto, le città assediate vengono prese solo nel momento in cui le capacità difensive vengono compromesse dalla fame o dalle epidemie.
Questa vantaggiosa posizione naturale fu dunque rafforzata nel tempo con un anello di fortificazioni. L’accesso nord alla città, che avviene attraverso il Ponte dei Mulini e il Ponte di San Giorgio, era protetto rispettivamente dalla Cittadella e dal castello di San Giorgio sin dal XVI secolo.
A sud della città si estendeva il cosiddetto “Serraglio”, un’area approssimativamente trapezoidale, delimitata dai laghi, dal corso del Mincio e del Po, e dal Canale Osone a ovest.
Per mettere in sicurezza questa zona, già nel Medioevo si costruì una serie di fortezze per impedire alle potenze nemiche l’avanzata verso Mantova da sud. (10)
In generale l’area ha sofferto di importanti problemi di equilibrio idrico. Da un lato furono sempre più frequenti le tracimazioni del Mincio, dall’altro i periodi di siccità lasciarono la valle del Paiolo impaludata, diventando causa di malattie. A porre rimedio fu la chiusa di Governolo, alla confluenza tra i fiumi Mincio e Po, ristrutturata a partire dal 1609 dall’ingegnere Gabriele Bertazzolo (1570-1626).
Il Serraglio fu teatro di numerosi scontri a partire dal XIV secolo. Dapprima i Signori di Mantova dovettero difendersi dalle forze viscontee che avanzavano dal Po, successivamente la zona fu teatro dei combattimenti tra i francesi e le forze dell’imperatore per l’egemonia nel nord Italia. Proprio qui si dispiegarono le truppe in occasione dell’attacco che gli imperiali del principe Eugenio di Savoia (1663-1736) portarono ai francesi intrappolati a Mantova.
A seguito della sua incorporazione nell’impero asburgico, Mantova, dal 1708, perse il suo status di dimora di un principe regnante e divenne, invece, un avamposto dell’Impero. Nel 1737, con l’inizio del dominio asburgico in Toscana, la città assunse una fondamentale funzione di “ponte” per gli interessi austriaci nel Nord Italia. Questa funzione si intensificò nel 1803, quando l’arciduca Ferdinando Carlo, un Asburgo, salì al potere nella vicina Modena.
Questa configurazione cambiò solo nel 1860, quando la Toscana e Modena, già governate dagli Asburgo, votarono la loro annessione al Regno di Sardegna.
La mutata importanza di Mantova nel XVIII secolo fu evidente nell’aumento dell’uso delle proprietà cittadine per scopi militari. La soppressione di varie congregazioni religiose portò a recuperare molti edifici che vennero reimpiegati per altri usi. (11) Nel 1775, per esempio, il monastero abbandonato degli Olivetani di Santa Maria del Gradaro e il vicino convento di Santa Paola furono convertiti in depositi militari. L’edificio del monastero di Sant’Agnese, oggi sede del Museo Diocesano, divenne una caserma. Il convento dei Cappuccini, detto Palazzo del Mago, divenne un grande ospedale militare.
Tra il 1796 e il 1797 Mantova fu ancora una volta al centro degli scontri tra Austria e Francia, proprio all’aprirsi delle guerre napoleoniche. Anche in questo caso, la città non venne conquistata con la forza, ma costretta ad arrendersi, il 2 febbraio 1797, con un lungo assedio.
Durante la campagna militare del 1799, quanto era stato acquisito dai francesi grazie alle loro precedenti vittorie militari, venne perduto e la fortezza di Mantova capitolò il 27 luglio 1799 di fronte al feldmaresciallo imperiale Karl Kray (1735-1804), che aveva condotto da sud l’attacco combinato austro-russo contro Porta Pradella e Porta Cerese. Dopo il Trattato di Luneville, Mantova fu evacuata dagli Austriaci nel 1801, (12) e restituita agli Asburgo solo nel 1814.
Il 23 marzo 1848, dopo la rivolta delle “Cinque giornate di Milano”, le truppe imperiali al comando del feldmaresciallo Radetzky dovettero uscire da Milano e ritirarsi nell’area del Quadrilatero a sud di Verona. Lo stesso giorno fu proclamata l’effimera Repubblica di San Marco e le truppe imperiali evacuarono anche Venezia. Dunque, mantenere la fortezza di Mantova fu di particolare importanza al fine di tenere saldo il dominio imperiale nel nord Italia. (13) Il comandante della fortezza, il generale di cavalleria Karl von Gorzkowski (1778-1860), riuscì con grande abilità a tenere la città di Mantova e a farvi giungere rinforzi.
Allo stesso tempo, in previsione di un assedio, la Valle del Paiolo fu allagata, rendendo nuovamente la città un’isola. Il 19 aprile 1848 i primi avamposti dell’esercito piemontese apparvero davanti alle mura di Mantova in direzione sud-ovest. Il fulcro degli assedianti era a Curtatone e le loro truppe premevano contro il forte di Belfiore.
In due schermaglie, avvenute il 24 aprile e il 18 luglio presso Governolo, l’esercito piemontese riuscì a prevenire la minaccia portata alla sua ala destra da un’incursione imperiale. I successi militari dell’impero a nord della città fecero sì che l’assedio terminasse il 27 luglio 1848.
Se durante la guerra del 1859 la fortezza di Mantova non fu coinvolta in alcun combattimento, va detto che il compito più importante della guarnigione di stanza consisteva nel mettere in sicurezza la via che da Borgoforte si spingeva a Modena. Solo dopo la sconfitta degli austriaci a Magenta, il 4 giugno 1859, si stabilì un assetto difensivo che vedeva le operazioni belliche dirette verso l’area intorno al forte di Belfiore.
A sud-est, le truppe imperiali si sentivano sufficientemente protette dal forte di Pietole, costruito nel 1802. Dal 5 giugno si allagò nuovamente la valle del Paiolo. All’inizio di luglio le truppe francesi erano già a Goito, ma la conclusione dell’armistizio a Villafranca, l’11 luglio 1859, impedì ulteriori scontri. (14)
Anche nella successiva guerra del 1866, la fortezza di Mantova dovette svolgere solo compiti di sicurezza e deposito. Un attacco pianificato dell’esercito italiano si limitò a un bombardamento della testa di ponte a Borgoforte. (15)
Con l’accordo stipulato tra Austria e Francia il 24 agosto 1866, gli austriaci evacuarono Mantova e il Veneto, la cui unione con il Regno d’Italia fu accettata dalla controparte imperiale.
Il 7 ottobre l’esercito italiano entrò in città. Con il referendum del 4 novembre 1866 Mantova venne annessa al Regno d’Italia e la fortezza della città di Virgilio perse la sua importanza militare.
Note*
(1) Figura in Attilio Brilli, Il viaggio in Italia, Milano 2006.
(2) Corrisponde al percorso odierno della SP 10 e SR 10.
(3) Corrisponde sostanzialmente al percorso odierno della SS 62.
(4) Si veda l’art. III della Pace di Zurigo: dal punto di intersezione della circonferenza così designata con il Mincio, il confine seguirà il corso del fiume fino a Grazie di Curtatone, si estenderà da Grazie in linea retta fino a Scorzarolo, seguirà il corso del Po fino a Luzzara, da cui nulla è cambiato rispetto ai limiti che esistevano prima della guerra.
(5) Josef ARESIN, Das Festungsviereck von Oberitalien, seine Bedeutung für Deutschland, die Schweiz und das Machtgleichgewicht in Europa, Wien 1860.
(6) Da nord a sud: Monzambano (35 km da Mantova), 8 febbraio 1814, 9 aprile 1848 e 24 giugno 1866; Valeggio (26 km da Mantova) 1866; Borghetto (28 km a nord di Mantova) 30 maggio 1796; Pozzolo (20 km a nord di Mantova) 25 dicembre 1800; Goito (19 km da Mantova) 25 dicembre 1800, 8 aprile 1848.
(7) Guido Barbetta, Il quadrilatero veneto, in Il quadrilatero nella storia militare, politica, economica e sociale dell’Italia risorgimentale, Atti del convegno di studi tenuto a Verona dal 13 al 16 ottobre 1966, Verona 1967, p. 45.
(8) «Mantova è una seconda Venezia. È circondata da tre laghi. [...] Il lato meridionale non è circondato dal lago, ma solo da un fossato attraverso il quale scorre l’acqua. Ma, volendo, si lascia scorrere l’acqua del lago e si crea un lago per allagamento». Charles Montesquieu, Voyage en Italie publiés par le baron Albert de Montesquieu, 2, Bordeaux 1896, p. 117.
(9) Carlo Togliani, Idrografia dell’ingens Mincius virgiliano. Dalla Corte di Pietole alla Corte Virgiliana, in Virgilio, ombra gentil, Mantova 2007, p. 64.
(10) Questi castelli sono riprodotti in un affresco del XV secolo rinvenuto nel 1981 nel centro di Mantova: Carlo PARMIGIANI, Il Serraglio Mantovano. Storia, difese militari ed idrauliche, Mantova 2010, p. 10.
(11) Claudia BONORA, Le difese militari, in Giorgio RUMI, Gianni MEZZANOTTE, Alberto COVA, Mantova e il suo territorio, Milano 1999, pp. 213-241.
(12) Il Trattato di Luneville del 9 febbraio 1801 faceva riferimento, per quanto riguarda i territori italiani, alla Pace di Campoformio del 17 ottobre 1797; all’art. VII si definivano i confini della neonata Repubblica Cisalpina: «Cette république comprend la ci-devant Lombardie autrichienne, […] la ville et forteresse de Mantoue, le Mantouan […]».
(13) Rapporti dettagliati sui seguenti eventi: Eusebio BAVA, Relazione storica delle operazioni militari dirette dal generale Bava, comandante del primo corpo d’armata in Lombardia, Torino 1848, come pure Eduard Stäger von WALDENBURG, Ereignisse in der Festung Mantova während der Revolutionsepoche des Jahres 1848, Wien 1849.
(14) Esistono diversi rapporti su questa campagna: Campagne de l’Empereur Napoleon III. en Italie 1859, Parigi1863, nonché Der Krieg in Italien 1859: Nach den Feld-Acten und anderen authentischen Quellen, 3 Bde., Wien1872.
(15) Österreichs Kämpfe im Jahr 1866, Bd. 2, Wien 1868.